Rannicchiati in due nel minuscolo bivacco, nel preparare la parca cena e scambiarci impressioni sulla giornata appena trascorsa ma, soprattutto, nel predisporre tutto per il giorno successivo, quello determinante per sperare di portare a termine la nostra “piccola-grande” impresa.
Prima di sentirci avvolti da quella coperta di stelle che solo a quell’altezza (oltre 3200 metri) ci si sente addosso, usciamo ancora coprendoci di ogni cosa a nostra disposizione: verso ovest il sole tramontando ci regala vampate di luce, riverberi da togliere il fiato, ci attanaglia in uno sguardo senza fine, come a trattenere quel giorno calante che sta per morire tra bagliori danteschi. Ma è verso est, verso la nostra Val Maira che il mio respiro si ferma, è là che lo spettacolo, insospettabile quanto meraviglioso, regala momenti di pura poesia: il Monviso ancora rosso degli ultimi raggi si staglia oltre una coltre di nubi, piatto come il mare ad avvolgere quanti conosco, laggiù nella pianura, sicuramente convinti d’esser nel pieno d’una uggiosa e precoce serata autunnale…..
Dopo aver cercato di scaldare con il fornellino a nostra disposizione i quattro metri quadri del bivacco, con quattro coperte ciascuno ci addormentiamo. La notte è lunga ed, un po’ con la scusa di necessità fisiologiche ma soprattutto per raccoglier le stelle che sappiamo esser ad una spanna da noi, cerchiamo l’uscita del bivacco, dopo aver constatato che la temperatura interna del nostro ricovero non è mai salita oltre i 2°…. Ma lo spettacolo va ben oltre le aspettative: i bagliori delle stelle sono accecanti, mai viste così luminose, mai avuto così forte il desiderio d’afferrarle con le mani! E la Via Lattea a disegnare un arco scintillante: attanagliato da quello spettacolo dimentico il freddo, vorrei rimanere lì tutta la notte ma Gianni, saggio e previdente, mi riporta alla realtà e ritorniamo nel nostro bivacco.
L’alba non è meno sconvolgente e, se l’inizio di quel giorno è così luminoso, sarà un grande giorno! E’ la giornata fondamentale: affronteremo la lunghissima cresta che va dal Buc de Nubiera fino al Brec de Chambeyron a noi completamente sconosciuta, una cavalcata di oltre due chilometri quasi su un filo sospeso mille metri sul vallone di Stroppia, dal quale, iniziata la corsa, è quasi impossibile scendere…
Da sinistra il Brec de Chambeyron, Le MourJean, l'Aig.Fochs e il Pariàs Coupà
Il freddo intenso ed il cielo terso ci confortano: quasi di corsa lasciamo il nostro rifugio sicuro per la cresta, subito impegnativa, cerchiamo i passaggi più interessanti, quel filo logico appeso al cielo che, ormai al quarto giorno, ci ha portati a vivere quest’avventura. In leggera discesa e con tratti alquanto esposti, per risalire più tranquillamente alla Tete de Cibiroles (3236m). Vorremmo fermarci ma siamo appena all’inizio, altri tratti più impegnativi ci attendono in quell’altalena oltre i 3200 metri e subito cerchiamo l’immaginario filo d’Arianna che ci porterà fino al Brec: nessuna traccia ci è d’aiuto perché ben rari sono gli alpinisti che l’affrontano, il superamento di ogni spuntone dev’essere inventato, qualsiasi canale può essere quello giusto oppure quello sbagliato….
Una doppia per scendere su una minuscola sella ed oltre per la cresta ardita e piuttosto esposta che porterà al Pariàs Coupà (3261m) : tratti molto interessanti su calcare stranamente compatto, a picco sul vallone di Stroppia, quasi appesi al filo della cresta…
Sempre alla ricerca del giusto canale, della via più sicura ed interessante, per balze e spuntoni raggiungiamo tre guglie più evidenti, dove quella centrale è l’Aiguille Fochs (3275m).
Ormai siamo a buon punto: siamo stati molto veloci, più del previsto… Vorremmo correre, volare, quasi ci sentiamo già sul Brec ma ben presto, al Pas de Jean, il nostro entusiasmo si affievolisce, le nostre sicurezze svaniscono. Tornati sul lato italiano, il raccordo con la normale al Brec si presenta subito inquietante: la discesa di una rampa di terreno duro e compatto si presenta molto delicata, non ci sono possibilità di assicurarsi, inutile tentare di afferrarsi a qualcosa…. L’attraversamento del successivo canalone ci impegna a lungo, ci rendiamo conto che attraversare quei tratti senza appigli, di sola terra dura è angosciante, proprio perché non esistono possibilità di assicurazioni meccaniche e quei pochi appigli a cui ci aggrappiamo sono solo morali! Impieghiamo più tempo in quel breve tratto che in tutta la traversata ma appena rintracciamo la normale al Brec de Chambeyron ci sentiamo sollevati, pensando soprattutto a cosa avrebbe voluto dire attraversare quei colatoi sotto un temporale…
Ormai conosco la via, ormai sono sul terreno amico, ancora quel passaggio finale di IV (qualcuno sostiene di più, ma non ci credo) ma già affrontato più volte. Senza sacco raggiungiamo la vetta del Brec de Chambeyron (3383m), da lì si vede completamente la galoppata di questo giorno, da lì si vede benissimo anche il Barenghi che ci accoglierà per la notte…
Veloci scendiamo e, con una piccola divagazione sulla parte superiore della cresta appena percorsa, in brevissimo raggiungiamo Le Mourjean (3356m), la quinta vetta oltre i 3000 metri della giornata.
La cresta del Pariàs Coupà (3261m)
Ora sì che abbiamo desiderio di scendere laggiù alla base dell’immane crestone che ci ha sorretti per quasi due giorni! Ma sappiamo anche che là troveremo l’acqua di cui ormai siamo sprovvisti e, soprattutto, là speriamo di incontrare l’amico Enrico Collo con i viveri che gli avevo affidato….
L’appuntamento dato quattro giorni prima non è sfumato: Enrico Collo è ad attenderci, la sua amicizia a confortarci, il suo salame casereccio a sostenerci! Purtroppo pensavamo che in quel giorno infrasettimanale il bivacco sarebbe stato libero, invece una comitiva di francesi già lo ha completamente occupato e la notte si prospetta tutt’altro che riposante. Un veloce spuntino e, tra le ombre lunghe della sera, ancora a risalire il versante opposto per raggiungere il sesto tremila della giornata: ormai la stanchezza inizia a farsi sentire ma, ancora col sole, tocchiamo la Cima della Finestra di Stroppia (3034m).
Tornati al bivacco, la guida che accompagna i francesi, incuriosita dal nostro comportamento, si informa su cosa avevamo fatto quel giorno e, conosciuto anche il nostro programma per il giorno seguente, ordina a due dei suoi di dormire nella stessa branda e lui stesso passerà la notte sotto il tavolo, lasciandoci generosamente un comodo posto letto: finalmente la precedenza non era stata una legge, ma il buon senso e la gentilezza ci avevano regalato il meritato riposo…
Foto e testi di Bruno Rosano
Il concatenamento dei 24 TREMILA della Valle Maira
Diario dell'impresa di Bruno Rosano con l'amico Gianni Rossato:
6 giorni sullo spartiacque di confine fra le vette più alte della valle!